Infiammazione del fegato (epatite) nel gatto

L’infiammazione del fegato nel gatto è un argomento che può risultare difficile da comprendere per i proprietari di animali domestici, poiché esistono vari termini utilizzati per descrivere questa condizione. Questa diversificazione terminologica è attribuibile al coinvolgimento di altri organi oltre al fegato.

L’infiammazione del fegato, comunemente nota come epatite, si riscontra più frequentemente nei cani rispetto ai gatti. Nei felini, è più comune osservare una condizione in cui l’infiammazione coinvolge contemporaneamente il fegato, la cistifellea e i dotti biliari, detta colangioepatite. In alternativa, i gatti possono sviluppare un’infiammazione specifica dei dotti biliari, denominata colangite.

Poiché le malattie che coinvolgono il fegato, la cistifellea e i dotti biliari presentano somiglianze nel modo in cui influenzano la salute del gatto, queste condizioni sono spesso raggruppate sotto il termine di “sindrome da colangite-colangioepatite”o CCHS.

Che cos’è l’infiammazione del fegato (epatite)?

Il fegato svolge una serie di funzioni cruciali nel corpo del gatto, tra cui l’eliminazione delle tossine e la sintesi delle proteine. Tra i suoi molteplici ruoli, il fegato è responsabile anche della produzione della bile, sostanza essenziale per il processo digestivo. La bile, prodotta nel fegato, viene immagazzinata nella cistifellea, situata tra i lobi epatici del gatto. Durante il processo digestivo, la bile viene trasportata dalla cistifellea attraverso i dotti biliari fino all’intestino, dove svolge un ruolo fondamentale nella decomposizione dei grassi.

Quando si verifica un’infiammazione dei dotti biliari, il normale trasporto della bile verso l’intestino risulta compromesso. Ciò comporta una inadeguata digestione dei grassi e una diminuzione della funzionalità epatica complessiva.

In caso di sindrome da colangite-colangioepatite (CCHS), che comporta l’infiammazione del fegato, della cistifellea o dei dotti biliari, è comune osservare sintomi quali vomito cronico e anoressia (mancanza di appetito). L’anoressia prolungata rappresenta un rischio significativo per la salute del gatto e, se trascurata, può evolvere in una condizione nota come lipidosi epatica o sindrome del fegato grasso.

In presenza di segni di anoressia, è importante consultare tempestivamente il veterinario per una diagnosi accurata e l’avvio di un trattamento appropriato.

Cause dell’infiammazione del fegato nel gatto

La sindrome da colangite-colangioepatite (CCHS) spesso si sviluppa a seguito di un problema sottostante, come un’infezione o un sistema immunitario ipersensibile maggiormente incline all’infiammazione. La presenza di calcoli nella cistifellea può provocare l’ostruzione del flusso biliare, generando infiammazione. I gatti affetti da CCHS spesso presentano anche condizioni infiammatorie come la pancreatite (infiammazione del pancreas) e la malattia infiammatoria intestinale (IBD).

Sebbene un’infezione batterica sottostante possa essere una delle cause della CCHS, nella maggior parte dei casi la causa esatta di questa sindrome non è completamente compresa. La complessità delle interazioni tra fattori immunologici, infettivi e fisiologici rende la determinazione della causa specifica un processo spesso complesso.

Sintomi dell’infiammazione del fegato nel gatto

I segni clinici della sindrome da colangite-colangioepatite (CCHS) possono variare in base alla causa sottostante. Tuttavia, i sintomi più comunemente associati all’infiammazione del fegato, della cistifellea e dei dotti biliari nel gatto comprendono:

  • Vomito
  • Diarrea
  • Perdita di peso
  • Letargia
  • Ittero
  • Anoressia o aumento dell’appetito
  • Dolore addominale
  • Febbre

Questi sintomi possono presentarsi singolarmente o in combinazione e la gravità può variare in base alla natura specifica della sindrome e alle condizioni del gatto colpito. Il riconoscimento precoce di questi segni è fondamentale per consentire una diagnosi tempestiva e un intervento veterinario adeguato.

infiammazione fegato gatto

Diagnosi

Qualora il veterinario identifichi segni clinici di infiammazione del fegato, procederà con un esame fisico approfondito. Durante questo esame, saranno esaminati gli occhi, le orecchie e la cavità orale del gatto. Inoltre, procederà alla palpazione dell’addome per valutare eventuali ingrossamenti del fegato o di altri organi. Al fine di ottenere una diagnosi più precisa, il veterinario di solito raccomanderà l’esecuzione di esami ematici per lo screening di eventuali segni di infiammazione e disfunzione epatica o di altri organi.

Oltre alle analisi del sangue di routine, il veterinario potrebbe suggerire l’esecuzione di esami ematici specializzati. Ad esempio, i test tiroidei possono essere utili per escludere l’ipertiroidismo come possibile causa di valori epatici elevati. Poiché la sindrome da colangite-colangioepatite (CCHS) è spesso associata a condizioni come la pancreatite e la malattia infiammatoria intestinale (IBD), potrebbero essere raccomandati test specifici per identificare la presenza di queste patologie. Inoltre, possono essere eseguiti ulteriori test volti allo screening di un’eventuale pancreatite concomitante e/o malattie intestinali.

Il veterinario potrebbe consigliare l’impiego di tecniche di imaging, come radiografie ed ecografia addominale, per esaminare attentamente gli organi alla ricerca di eventuali ingrossamenti o cambiamenti. Durante l’ecografia, potrebbe essere raccomandato un agoaspirato della cistifellea, procedura che consente la raccolta di cellule per individuare possibili anomalie o segni di infezione.

In alcuni casi, potrebbe essere raccomandata l’esecuzione di un intervento chirurgico esplorativo. Questa procedura consente al chirurgo di prelevare piccole biopsie (campioni di cellule) dal fegato. Inoltre, permette di ispezionare la cistifellea per individuare eventuali anomalie e di raccogliere campioni di bile per valutare la presenza di contaminazione batterica.

Trattamento dell’infiammazione del fegato nel gatto

Il protocollo terapeutico per la sindrome da colangite-colangioepatite (CCHS) è determinato dalla causa sottostante. Nel caso in cui i pazienti affetti da infiammazione del fegato e/o della cistifellea e dei dotti biliari presentino un’infiammazione concomitante del pancreas o dell’intestino, potrebbe essere necessario un trattamento supplementare.

La gestione della sindrome da colangite-colangioepatite (CCHS) nella maggior parte dei gatti richiede un trattamento ospedaliero. Durante questo periodo, viene attuata una terapia di reidratazione mediante l’infusione di fluidi per via endovenosa. In alcuni casi, potrebbe essere necessario l’utilizzo di sonde per l’alimentazione fino a quando il gatto non sarà nuovamente in grado di assumere il cibo in modo autonomo.

La terapia antibiotica viene comunemente implementata con farmaci come Clavamox®, Baytril® o metronidazolo per un periodo di tre mesi o più. In alcuni casi, la somministrazione di steroidi, come il prednisolone, può essere indicata per ridurre l’infiammazione. Per proteggere il fegato o favorire il corretto flusso della bile, possono essere prescritti integratori o farmaci aggiuntivi, come Denamarin® o ursodiol.

In genere, sono necessari farmaci a lungo termine per gestire questa condizione. Sebbene la maggior parte dei casi risponda positivamente al trattamento, molti pazienti richiedono un monitoraggio regolare e visite di follow-up per valutare la risposta alla terapia nel tempo.

Occasionalmente, quando un dotto biliare è completamente ostruito da calcoli, può essere consigliato un intervento chirurgico. In tal caso, il veterinario indirizzerà il proprietario a uno specialista per una gestione adeguata e mirata della situazione. La collaborazione tra il veterinario e lo specialista contribuirà a garantire un trattamento ottimale e una supervisione continua della condizione del gatto.

Prognosi

Quando la sindrome da colangite-colangioepatite (CCHS) viene diagnosticata precocemente e il trattamento viene avviato in modo tempestivo, si osserva generalmente una prognosi positiva. In particolare, alcuni gatti, soprattutto quelli che manifestano la forma acuta associata a un’infezione batterica ad insorgenza improvvisa, possono persino guarire completamente. Nel complesso, la maggior parte dei pazienti risponde bene alla gestione a lungo termine mediante l’uso di farmaci.

Nel caso in cui la diagnosi e l’inizio del trattamento siano immediati, il gatto affetto potrebbe mostrare segni di miglioramento già nel giro di pochi giorni. Tuttavia, se la lipidosi epatica è già presente, il recupero potrebbe richiedere settimane o addirittura mesi. La gravità di altre condizioni concomitanti, come la pancreatite e le malattie infiammatorie intestinali (IBD), può influire sui tempi di recupero.

Fonti

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